È un dato di fatto: la velocità con cui si evolve la società è direttamente proporzionale alle capacità di apprendimento. Di conseguenza la formazione dovrebbe essere un punto cardine nell’agenda di ogni manager come premessa allo sviluppo economico della propria attività ma l’errore delle aziende è di valutare l’immediatezza delle risposte economiche piuttosto che quelle della formazione sul lungo periodo.
Di certo non aiuta il quadro storico in cui ci troviamo: oggi sempre di più sta diventando inevitabile la fusione tra uomo e macchina, che si sta velocemente spostando dal mondo così come lo conosciamo a quello digitale. Gran parte dell’organizzazione sociale, a cominciare dalle istituzioni educative, è tuttora impostata nella tradizionale dimensione fisica e di conseguenza non abbiamo ancora elaborato le parole, i concetti culturali, le categorie mentali, per non parlare della legislazione, che possano spiegare e descrivere la realtà digitale che stiamo vivendo.
Attualmente, si calcola che in media trascorriamo davanti allo schermo fino al 70% del nostro tempo da svegli e questo potenzialmente potrebbe essere un dato che gioca a favore dell’istruzione ma in verità gli strumenti digitali nella maggioranza dei casi non accendono il nostro cervello ma lo spengono, rendendo l’attività negativa per la nostra esistenza.
Nel nostro Paese il 75% della popolazione non comprende una frase complessa in italiano e quasi il 27% è analfabeta funzionale, senza contare l’abisso educativo tra Nord e Sud; eppure, la scuola e l’università non sono capaci di incanalare le giuste competenze e formano professioni che rischiano di essere in gran parte superate, poiché il lavoro nei prossimi anni verrà sempre più stravolto da tecnologia e realtà virtuale.
In azienda questo si traduce in una forbice sempre più ampia tra ciò che realmente sarebbe necessario per prosperare – una formazione agile, pensata per allenare il pensiero, sviluppare l’intelligenza critica, preparare all’incerto e all’imprevisto, - e le caratteristiche che si richiedono secondo la tradizionale ricerca di personale e di talenti. Per un’azienda capace di crescere e migliorare bisogna investire sulla qualità e la formazione va estesa ad ambiti, contesti e competenze anche molto distanti, innovando radicalmente il percorso tradizionale sviluppando anche le capacità sociali e culturali di lavorare in gruppo.